martedì 9 settembre 2008

Avanzar della marea di Kathrin von Hohenstaufen d'Anjou Plantagenet


Avanzare della marea” scritto da Kathrin von Hohenstaufen d'’Anjou Plantagenet e ispirato alle traversie interiori, avviluppanti di Enrico VI, nasce da una volontà di speculazione lirica intorno alle spirali della memoria matrigna di uno dei regnanti più affascinanti – perché indeciso perché indecifrabile – della storia europea.> Il testo è liquido, incatenato ad una sillabazione estenuata, capace di fratturare le distanze, le coordinate spazio temporali per infilarsi in un non-luogo spirituale, immaginifico, dove fluttuano personaggi apparentemente evanescenti, ma che in realtà irrigano del loro dolore, del loro astio, delle loro rivendicazione una scrittura impressionista, che vibra a lampi, che quasi scompare nel deliquio linguistico per poi riapparire all’improvviso, cruda, violenta, diretta.> Più che di dialoghi, la drammaturgia è composta da soliloqui che s’incrociano, si attraversano, si mescolano in un impasto cromatico che fa dell’evocazione, del suggerito la sua fragile e sottile trama.> La Storia, con la S maiuscola, serpeggia sotto le vicissitudini private di personaggi che di quella storia tenevano le redini - come spolverando una statua nascosta in cantina per paura del dramma di cui è simbolo, “Avanzare della marea” rimette in luce una tradizione antica e nobile come quella celtico-longobarda, non in maniera didascalica, didattica, quanto piuttosto facendo emergere gli aspetti spirituali, umani, colti e forsennati di una stirpe geniale e maledetta.>> Per quanto riguarda la messinscena, dopo due studi di drammatizzazione vocale, che hanno analizzato, oltre agli aspetti lirici anche quelli ironici, tragicomici e stranianti del testo, il Teatro Rebis, in collaborazione con artisti di grande spessore con i quali collabora, sviluppa l’attualizzazione della trama proposta, giocando sia a livello stilistico, che interpretativo, che estetico sul cornicione del ponte espressivo che lega tradizione a modernità, creando legami “inqualificabili” eppure lapalissiani, lavorando sugli aspetti liminali del testo, su quell’indeterminatezza incandescente che sempre svela dalle scorie dell’ovvio il profilo enigmatico di sensi esoterici, “rintanati”.> Utilizzando perciò influssi musicali di stampo contemporaneo, alternati a momenti più filologici, adoperando stili visivi sia teatrali che cinematografici che pitturali, s'’intende realizzare una performance itinerante che vedrà la presenza di attori in carne ed ossa, ma anche di attori che accompagneranno il pubblico lungo una teoria di video scarni, fissamente sconvolgenti, impostati secondo una struttura d’immagine ieratica eppure, in qualche modo, “sbilenca”.> Alcuni brani del testo letti, altri interpretati in diretta, altri registrati ( un coro di bambini), in una fuga prospettica che vuole far precipitare lo spettatore in uno stato di ipnosi d’'immagine, cercando di ricreare onomatopeicamente i singhiozzi di senso che pervadono il testo dell’autrice.(Presentazione Teatro Rebis)

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